
Questo è stato inoltre un anno nel quale molte persone sono arrivate alle ferie estive particolarmente provate a causa degli effetti indiretti del Covid 19, quali i periodi di lockdown forzato, le limitazioni agli spostamenti e le varie restrizioni agli svaghi. In molti casi inoltre l’impossibilità a muoversi da casa e la diffusione dello smartworking hanno avuto come conseguenza l’incremento delle ore trascorse davanti al PC tra le varie call conference, week end inclusi, per un tempo totale dedicato al lavoro ben superiore a quello tradizionale d’ufficio.
Ognuno di noi pianifica ed organizza le proprie ferie in funzione dei giorni a disposizione, del budget, delle esigenze familiari e delle proprie passioni, con l’obiettivo di rigenerarsi fisicamente e mentalmente, staccando finalmente la spina dalla perenne connessione mentale e tecnologica. Personalmente questa estate ho trascorso qualche settimana con la famiglia tra l’Umbria e l’Abruzzo, realtà geografiche e culturali diverse, ma che conservano entrambe le caratteristiche di un’Italia “a misura d’uomo”, in cui la semplicità della routine quotidiana, il buon vivere (cibo, natura, svago) e la genuinità delle relazioni, rappresentano degli “asset” di un valore inestimabile per chi nel mese di Agosto ha come obiettivo principale il riposo e la tranquillità.
E’ un dato di fatto che durante le vacanze tutti noi acquisiamo un generale stato di benessere che si protrae anche nelle settimane successive. In relazione a questo risultato, le domande che mi sono posto sono: quali sono i fattori che influenzano maggiormente questo stato? Questi fattori sono replicabili nel resto dell’anno?
Il primo elemento differenziante in vacanza è sicuramente la quantità e la qualità del tempo dedicato al riposo e in particolare al sonno. Come molti, durante i giorni di ferie ho dormito molto ed ho riscontrato una qualità del sonno difficile da raggiungere durante l’anno, neanche durante i week end.
Sappiamo bene che dopo una buona dormita ci sentiamo bene e pieni di energia, al contrario tutti noi abbiamo sperimentato quanto siamo più nervosi e di cattivo umore quando dormiamo poco o male. Quando questo comportamento diventa un’abitudine, si determina un impatto diretto sulla qualità della vita e sulle performance lavorative.
L’importanza del sonno per gli esseri viventi e in particolare per gli umani è evidente dal fatto che la soglia di sopportazione alla sua privazione è molto più bassa rispetto ad altri bisogni fisiologici, quali il mangiare e il bere. Eppure quando lavoriamo sotto pressione per scadenze molto ravvicinate, è proprio al sonno che rinunciamo più facilmente, nell’errata convinzione che siamo in grado di resistere e che lavorando un maggior numero di ore saremo più produttivi.
Per il 95% delle persone, una buona dormita equivale a 7-8 ore di sonno “di qualità”. Ne deriva che tutti coloro (manager in primis) che dichiarano di sentirsi in forma dormendo al massimo 5-6 ore, non sono pienamente consapevoli del loro pieno potenziale e di cosa significhi essere veramente efficaci durante la giornata.
Numerosi studi hanno dimostrato il legame tra il sonno e le performance sportive degli atleti di varie discipline proprio grazie ad un migliore stato fisico e mentale. Sappiamo che dopo un intenso allenamento fisico il corpo ha bisogno di riposo per recuperare le energie fisiche e mentali. Quello che non tutti sanno è che non otteniamo i maggiori benefici sul fisico durante l’attività, ma durante il successivo riposo. Infatti con lo sforzo fisico sottoponiamo il corpo ad uno stress che diventa beneficio solo quando, durante la fase di recupero, si genera una reazione che rende i tessuti più forti di prima.
Allo stesso modo, dopo un intenso “allenamento mentale” si lavoro o studio, è necessario controbilanciare lo sforzo con il giusto tempo di riposo.
Se questo non è possibile e dormiamo un numero di ore insufficienti, oltre ad essere poco produttivi, siamo soggetti a frequenti cambi di umore, perdiamo lucidità, abbiamo difficoltà di concentrazione, con effetti negativi sulla memoria. Inoltre di fronte ai problemi riscontriamo difficoltà di giudizio, non siamo in grado di usare la creatività e di prendere le giuste decisioni, né a intravedere e sfruttare le opportunità che si dovessero presentare.
Nel lungo periodo si abbassano le difese immunitarie e ci rendiamo più vulnerabili alle malattie.
Se è vero che in vacanza possiamo permetterci di dormire più a lungo la mattina o di farci la pennichella pomeridiana, nella quotidianità della settimana lavorativa questo è difficilmente praticabile. Ne consegue che l’unica soluzione per riuscire a dormire un adeguato numero di ore è andare a letto prima. Questo vuol dire anticipare l’ora della cena e far passare almeno 2 di preparazione al sonno prima di coricarsi.
Prepararsi a dormire è un’attività necessaria per assicurare una buona qualità del sonno. Dobbiamo evitare infatti di “lavorare” anche mentre dormiamo, quando la mente cerca di rielaborare e trovare soluzioni a problemi pressanti, con la conseguenza di svegliarsi la mattina più stanchi della sera prima. La preparazione al sonno implica evitare di impegnarsi in attività stimolanti nei 30 minuti precedenti il momento di andare a dormire, sia che si tratti di attività lavorative che ludiche, che richiedano l’utilizzo di smartphone o di altri device. Meglio prendere in mano un buon libro non particolarmente avvincente, che ci aiuterà ad addormentarci serenamente.
Una buona tecnica per liberarci delle preoccupazioni prima di andare a dormire è quella di scrivere i problemi su un quaderno da tenere sul comodino. In questo modo metteremo da parte ciò che ci preoccupa, evitando di rimuginarci sopra durante la notte.
Come per ogni nuova buona abitudine, nelle prime settimana dopo il rientro è necessario essere disciplinati, andando a dormire non troppo tardi e possibilmente sempre alla stessa ora (meglio intorno alle 23 quando si attiva l’ormone della melatonina). Per favorire il sonno si possono inoltre utilizzare varie tecniche, come quelle di respirazione e di rilassamento corporeo.
Un beneficio collaterale di una buona dormita è il fatto che non sentiremo più la necessità di ricorrere a litri di caffè per tenerci svegli o agli snack, che in quanto ricchi di zuccheri ci forniscono energia al momento, ma contribuiscono ad aumentare l’ansia nel lungo periodo.
Come primo esercizio di consapevolezza suggerisco di monitorare per qualche settimana le ore effettive di sonno durante la notte e di dare una valutazione qualitativa al sonno stesso. Il giorno seguente potrete dare una valutazione del livello di energia riscontrata durante la giornata (ad esempio utilizzando l’immagine di una batteria con scala da 0 a 5: vi siete sentiti completamente scarichi (zero) o pieni di energia (5)?
Ci sono però delle circostanze, come il fatto di dover lavorare fino a tardi per rispettare una scadenza, in cui non sarà possibile dormire un numero adeguato di ore durante la notte.
In questo caso cosa possiamo fare per mantenerci lucidi e pieni di energia durante tutta la giornata seguente? Le ricerche sui cicli attività-riposo ci dicono che oltre al ritmo circadiano, cioè dei processi fisiologici nelle 24 ore, gli esseri umani sono soggetti anche ai cicli ultradiani, che hanno una durata media di circa 90 minuti. Questo vuol dire che il nostro corpo richiede una pausa ogni 90 minuti circa.
In un articolo precedente (https://www.bluomega.it/blog/157-elogio-della-pausa-creativa-e-del-pomodoro) ho già affrontato il tema del lavoro al massimo della concentrazione alternato a piccole pause rigenerative (la tecnica del pomodoro). Questa è una modalità di lavoro utilizzata da lavoratori di tutto il mondo, che incrementa l’efficacia, la produttività e il buon umore.
Il problema è che la maggior parte delle aziende (ma anche molte persone), non ammettono l’idea di fare pause rigenerative consapevoli durante il lavoro, perché vengono considerate a tutti gli effetti delle “perdite di tempo”. E’ un problema di cultura, che deriva dall’epoca del lavoro manuale e come tale non è facile da sradicare.
Il paradosso sta nel fatto che sono però considerate inevitabili le varie forme di distrazioni, come le frequenti interruzioni per un caffè alla macchinetta, anche quando si sta lavorando su attività che richiedono grande concentrazione.
Fortunatamente stanno aumentando quelle realtà aziendali che favoriscono le pause creative e addirittura mettono a disposizione dei propri dipendenti ambienti predisposti per il riposo e il rilassamento, allungando il tempo della pausa pranzo. Sono disponibili poltrone reclinabili per dormire, dotate di cuffie per ascoltare musica rilassante e vengono messi a disposizione giornali e riviste con argomenti di attualità, fino alla presenza di sale di meditazione e yoga.
In alcuni casi viene addirittura incentivato il pisolino pomeridiano. Il suo beneficio l’avevano già capito gli antichi romani che con il termine “sexta” (da cui deriva la siesta degli spagnoli), indicavano la sesta ora dopo l’alba, momento in cui era abitudine comune riposarsi dopo le fatiche della mattina.
Numerosi studi confermano l’intuizione dei nostri avi: spezzando in due parti la giornata lavorativa, si riesce a mantenere lo stesso livello di lucidità mentale, di energia e quindi di performance anche nella seconda parte della giornata.
Anche in questo caso però le realtà aziendali evolute rimangono una minoranza, mentre nella maggior parte dei casi persino la pausa pranzo rappresenta una perdita di tempo.
In queste realtà suggerisco comunque di dedicare quotidianamente almeno 10-15 minuti al rilassamento con gli occhi chiusi facendo il così detto “power nap” o riposo ristoratore, che produce comunque un effetto benefico a livello fisiologico e cognitivo. Si potrà poi recuperare durante il week end il sonno perso durante la settimana.
In conclusione come prima lezione delle vacanze possiamo affermare che l’alternanza di momenti di riposo seguiti alle attività lavorative ad alta concentrazione, deve diventare un’abitudine per chi vuole perseguire la massima efficacia, la soddisfazione e il benessere personale sul lavoro e nella vita.
Molte aziende l’hanno già capito e si stanno organizzando in tal senso, ottenendo risultati molto concreti.
Per i lavoratori delle altre aziende è giunto il momento di mettere in discussione l’attuale modo di lavorare e impegnarsi per trovare il giusto equilibrio tra sforzo e riposo per raggiungere quotidianamente un ottimale rinnovamento energetico.
L’alternativa (non auspicabile) è continuare a dormire troppo poco, aspettando le prossime vacanze.