
In questi mesi abbiamo però imparato che lo smart working è qualcosa di diverso: implica un nuovo stile manageriale basato sull’assegnazione di responsabilità e definizione di obiettivi specifici e condivisi da raggiungere, implica la flessibilità di svolgere le proprie mansioni durante l’intero arco della giornata, ma comporta anche tante ore seduti alla scrivania di fronte ad un monitor passando da una conference call all’altra.
L’esperienza durante il lockdown mi ha fatto capire che la situazione è molto diversa da azienda ad azienda e da lavoratore a lavoratore. Alcune organizzazioni hanno riscontrato un forte aumento della produttività con l’utilizzo dello smart working, ma in realtà analizzando meglio la situazione ho riscontrato che le persone hanno lavorato molte più ore per svolgere un lavoro di quello che avrebbero fatto svolgendolo in ufficio. All’opposto altre aziende hanno riscontrato un calo di produttività e qualità del lavoro svolto da chi lavorava da casa, lamentando inefficienze e distrazioni.
In un’ottica di rinnovare radicalmente il modo di lavorare, molti professionisti e dipendenti hanno sperimentato il “working from anywhere” , cioè hanno colto l’opportunità di lasciare la propria abitazione in città per trasferirsi in località più a misura d’uomo. Dopo la fine delle scuole, sono molti i manager e collaboratori che si sono trasferiti nelle case al mare o in montagna per conciliare lavoro, famiglia e interessi personali.
Sono convinto che quello di trasferire la propria sede di lavoro in ambienti più sostenibili è un trend che durerà ben oltre la bella stagione e la pandemia. Da una parte sono tanti i piccoli centri ormai quasi disabitati che stanno offrendo incentivi interessanti a chi ci si trasferisce, come l’accesso gratuito alla banda larga, bonus per chi prende la residenza, fino all’offerta di case al prezzo di un caffè . Nello stesso tempo sono molti ormai i lavoratori non vincolati alla presenza fisica in ufficio, che sentono il desiderio di riappropriarsi di uno stile di vita più sano ed equilibrato.
Anche le aziende hanno capito che lasciare ai propri dipendenti la scelta di dove lavorare presenta vantaggi evidenti dal punto di vista dei costi fissi e della motivazione delle persone. Aziende come Facebook e Twitter hanno annunciato che concederanno lo smart working totale a tutti i dipendenti che ne faranno richiesta, mentre Apple e Google hanno deciso di adottare un modello “ibrido” chiedendo ai propri dipendenti di andare in ufficio per 2 o 3 giorni a settimana.
Si calcola che in Italia ci siano circa un terzo di lavoratori dipendenti che potrebbero lavorare sempre da casa. Considerando inoltre coloro che potrebbero svolgere in remoto almeno una parte delle mansioni, ecco che diventa obbligatorio affrontare il tema dello smart working come nuova modalità di lavoro non solo dal punto di vista normativo, ma soprattutto dal punto di vista organizzativo, amministrativo e gestionale. Anche se il Governo è intervenuto concedendo dei bonus, molti lavoratori da remoto si sono lamentati degli ingenti costi che hanno dovuto sostenere per attrezzare la propria postazione di lavoro a casa. In molti casi le aziende hanno sospeso l’erogazione dei buoni pasto con il conseguente aggravio di costi di spesa alimentare.
Il Covid 19 è stato definito un classico “cigno nero”, cioè un evento critico inaspettato che ha rappresentato un vero e proprio “stress test” per aziende ed individui, che hanno dovuto mettere alla prova la propria capacità di resilienza e di antifragilità.
Ma consapevoli che in futuro potrebbe aumentare la frequenza dei cigni neri , anche dopo il ritorno alla normalità è importante continuare ad allenare la propria propensione al cambiamento. Per le organizzazioni questo vuol dire prepararsi alle prossime crisi favorendo una cultura orientata alla corretta gestione delle emergenze, alla flessibilità organizzativa ed al miglioramento continuo.
Per i lavoratori vuol dire imparare a conoscere meglio se stessi e le condizioni che permettono di essere più efficaci e soddisfatti nello svolgimento del lavoro, assumendo su di sè la responsabilità del ruolo e garantendo l’impegno per migliorare le proprie competenze e capacità in autonomia, indipendentemente dai piani formativi aziendali.
Così come noi liberi professionisti abbiamo imparato da tempo, questo può essere il momento giusto per i dipendenti di cavalcare il cambiamento ed acquisire una mentalità da imprenditori di se stessi.