Conoscevo ed apprezzavo l’autore per i suoi romanzi gialli e di solito incentrati su temi processuali, per questo il titolo del libro e il tema trattato mi hanno particolarmente incuriosito.
Ho trovato il libro ricco di spunti che possono essere utili sia in ambito professionale che personale e soprattutto che fanno riflettere su come essere efficaci in un mondo che cambia alla velocità della luce. In questo articolo proverò a metterei in relazione il tema dell’errore e dei fallimenti con la mia esperienza professionale e con le metodologie che utilizziamo per rendere i team di lavoro più efficienti e motivati.
Orientarsi nella complessità
In un mondo sempre più complesso in cui molteplici sono le variabili che non conosciamo, diventa ogni giorno più difficile prendere decisioni efficaci basandoci sulle nostre conoscenze e convinzioni.
I modelli VUCA (Volatilità – Incertezza – Complessità – Ambiguità) e BANI (Fragilità – Ansia – Non linearità – Incomprensibilità), descrivono correttamente il contesto dinamico ed imprevedibile in cui viviamo, ma non ci offrono soluzioni pratiche.
Ogni giorno ci confrontiamo con problemi i cui fattori sono interconnessi e interdipendenti e non è più sufficiente affidarsi a processi consolidati o a raffinate tecniche di problem solving. Se muoviamo un singolo elemento, il sistema si ricompone in modalità imprevedibili in cui anche il migliore degli esperti rischia di trovarsi su un terreno sconosciuto.
Manager e imprenditori quando devono prendere una decisione hanno bisogno di certezze, di elementi concreti, di dati affidabili e per questo, quando non sono sufficienti le competenze acquisite, ricercano il supporto degli specialisti e dei supercompetenti, che con le loro “presunte certezze” contribuiscono ad attenuare l’ansia da prestazione.
Il problema è che troppo spesso il fatto di pensare di avere la soluzione e non avere dubbi, porta i più esperti a commettere più errori di altri, vittime di quella che viene definita la “trappola della conoscenza”.
E quindi come possiamo prendere decisioni giuste in situazioni di grande incertezza e in rapido cambiamento?
La cultura dell’errore
In un contesto sempre più dinamico e complesso, diventa indispensabile rivedere la concezione dell’errore e del fallimento.
Per natura ci sembra logico cercare di evitare di fare errori; quando li facciamo cerchiamo di nasconderli o di giustificarli e comunque proviamo a dimenticarli in fretta. Pur essendo consapevoli che “Errare humanum est”, viviamo in una cultura sociale ed organizzativa che non ammette errori e che tende a giudicare e a volte a punire chi li commette. Gli stessi manager che chiedono ai propri collaboratori proposte innovative e spirito d’iniziativa, sono spesso i primi a denigrare l’errore e ad instaurare la caccia al colpevole.
In contesti in cui è indispensabile prendere decisioni in condizioni di elevata incertezza, l’errore va considerato come parte del processo di apprendimento e sviluppo del team. L’obiettivo quindi non è evitare di commettere errori, ma allenarci a fare errori da cui prendere insegnamenti che ci portino a fare errori di un livello superiore la volta successiva. E’ un processo iterativo per prove ed errori, nel quale la sperimentazione delle azioni, se avremo successo, porterà ad un risultato allineato alle aspettative, ma che in caso di fallimento avrà comunque generato un aumento della consapevolezza e ulteriore apprendimento.
L’errore come momento di apprendimento
Quella appena descritta è la filosofia con cui nella metodologia Lean è strutturato il ciclo di Deming (Plan – Do - Check - Act) che è alla base del Kaizen giapponese e del miglioramento continuo dei processi. Con lo stesso approcio operano le pratiche Agile, utili per la gestione di progetti in contesti complessi in cui sono frequenti i cambiamenti dei requisiti da parte degli stakeholder e la conseguente necessità di rilasciare frequentemente gli outcome, attraverso brevi cicli di produzione. Alla fine di ogni ciclo di lavoro (gli Sprint nel framework SCRUM) il team si riunisce in un rituale (la Retrospettiva) per riflettere su cosa ha funzionato, cosa poteva essere fatto meglio e cosa dovrà essere fatto diversamente nel ciclo di lavoro successivo. In questo modo le persone apprendono sul campo sia dai successi che dai fallimenti e il processo si automigliora continuamente.
Anche nel processo di Coaching gli errori e il fallimento sono elementi funzionali allo sviluppo del potenziale della persona.
Come coach della Leadership Coaching School di GSO Company, tra una sessione e l’altra si analizzano successi e fallimenti come elementi informativi del processo di sviluppo del cliente. Il Coach restituisce ciò che ha ascoltato con un approccio neutro e privo di giudizio, in questo modo il cliente migliora la propria consapevolezza, apprende dai propri comportamenti ed è più motivato ad orientare i propri sforzi nella giusta direzione.
Fallimenti e ripartenze
Quando parliamo di fallimenti non possiamo non considerare che in Italia chiudono ogni anno circa 100.000 aziende, la maggior parte micro e medie imprese. Per aiutare queste realtà a rimettersi in gioco, 5 anni fa è nata 100mila Ripartenze, la Onlus che mette a disposizione alcuni professionisti che supportano la ripartenza professionale degli imprenditori falliti. Nella prima fase l’imprenditore viene supportato da uno psicologo per superare il trauma e recuperare fiducia, poi subentra un Business Coach che si occupa di far ritrovare nuove energie, costruire una chiara identità e identificare nuove proiezioni professionali, infine l’imprenditore viene affiancato da un Mentor per aiutarlo a ripartire con un nuovo progetto professionale. Il supporto viene fornito per un periodo di tempo che va dai 12 ai 18 mesi ed è totalmente gratuito per l’imprenditore. I risultati sono tangibili: la quasi totalità degli imprenditori si riprendono dal punto di vista personale e professionale, mentre il 40% inizia una nuova iniziativa imprenditoriale con una nuova consapevolezza che lo porta a non sottovalutare i possibili rischi.
Come mentor dell’associazione, sono tante le storie di errori e fallimenti di cui vengo a conoscenza e la cosa che ogni volta mi sorprende è quando la piena consapevolezza dell’esperienza vissuta diventa la molla per ripartire verso una nuova impresa di successo.
Elogio del fallimento
Nel libro Carofiglio racconta che ha iniziato a scrivere libri dopo un inatteso e bruciante insuccesso professionale. Personalmente posso affermare che la mia nuova carriera come formatore e business coach appassionato non sarebbe mai iniziata senza una cocente delusione avuta con l’azienda con cui ho lavorato per ben 18 anni. Il messaggio è quindi quello di accettare con serenità errori e fallimenti come parte integrante del nostro processo di crescita, cercare di trarne un’appropriata lesson learned e, forti di una maggiore consapevolezza, ripartire con energia e passione nella giusta direzione.
Se è vero che l’uomo si è evoluto dalla preistoria imparando dagli errori, ne deriva che commettere un errore in fondo non è mai una catastrofe, ma un passaggio fondamentale dell’evoluzione.
“Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”. – Tao Te Ching di Lao Tzu, aforisma citato nel libro di G. Carofiglio.
PS: ho trovato un errore nel libro: non è Bruce Lee ad essere morto in un tragico incidente sul set cinematografico, ma il figlio Brandon, durante le riprese de "Il corvo".